Nomadic Landscape Orosei: di cavità, turismo e cristianità.

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Il cuore di Orosei si snoda tra un centro storico in pietra, con antiche case che abbracciano corti e loggiati; l’acciottolato nero delle strade, con alcune pietre bianche che lo punteggiano, e di notte orientano il cammino; il mare, chilometri di spiaggia senza edifici, e un’oasi naturale Su Barone. Poi le cave, che si estendono quasi quanto l’abitato, bianche, avorio, con striature arancio, da guardare attraverso le reti protettive.


Qui l’economia del turismo e delle cave ha sostituito l’orticoltura massiccia di piselli, carciofi e agrumi. Erano ettari ed ettari di orti; chi ce ne parla li chiama così, non campi. Oggi si produce ottimo olio e vino.
L’industria del turismo è costituita da alberghi diffusi e agriturismi, folclore (a volte molto “contemporaneo”) e religione; quella estrattiva è un groviglio di suggestioni discordanti, migliaia di ritrovamenti eccezionali (80.000 reperti fra cui macachi marmorizzati interi), tecnologia dalle dimensioni impressionanti, un paesaggio trasfigurato a “gradoni”, che riflette una luce accecante.

Tutto si raggiunge in due minuti a piedi: biblioteca, pro loco, enoteca, bar e supermarket, cartoleria, merceria, ecc. una specie di intimità; vi operano tre confraternite ( i bastoni delle quali campeggiano nelle rispettive chiese, affacciate sulla piazza centrale).
Poco distante da Orosei si estende la piana malarica di Galtellì; Nuoro, il capoluogo, si appoggiò a Orosei per i servizi che inizialmente le mancavano, come le prigioni, i cui camminamenti sotterranei attraversavano parte del centro. Piccolo dunque ma con una sua centralità storica, economica, funzionale e spirituale.
Il pittore Alfonso Silba ci ha condotto nei sopralluoghi nel corso di questa residenza sostenuta da Rosamaria Patteri.

Sopralluoghi in ordine cronologico

Motivi decorativi: anguille sui capitelli, nella parrocchiale dedicata a San Giacomo. Tra colonna e volta (celeste) tutt’altro tipo di mediazione – e pesca- rispetto a quelle a cui si è abituati.* Altri motivi decorativi in chiesa: i cinghiali.
Ospita anche un cristo snodato, in legno, realizzato per la processione; ha gomiti in pelle per poterlo deporre dalla croce e portargli le mani al petto. Lo hanno riprodotto uguale all’originale del 1600.

Lo strappo d’affresco di un angelo a quattro occhi (probabilmente l’affioramento di un abbozzo precedente, che ora rivendica la visibilità del proprio sguardo plurale) a strisce orizzontali. Sembra un gioco di luce, come se fosse illuminato attraverso le persiane; un epifenomeno che si ritrova tra le vie del paese, sui muri delle case, s/colorite dall’acqua che scende, “rigo sì rigo no”, dalle tegole del tetto.

Circa 7000 abitanti e 29 chiese. Ogni chiesa de sa pietà, sobria e costruita come voto, viene gestita da una famiglia estratta annualmente, per ciascun rione; i suoi membri puliscono, imbandiscono, aprono-chiudono.
Un patrimonio di cumbessias nel Santuario di Nostra Signora de su Remedio. Edificato nel Cinquecento è circondato da queste casette prestate a chi ha ricevuto una grazia nel corso dell’anno e vuole partecipare alla  « vita comunitaria durante l’omonima novena che si svolge …nel mese di settembre ». E’ al limite estremo del paese ma i megafoni diffondo la voce che recita preghiere e messe fino al centro. Arrivano a seconda del vento e proiettano in tempi altri, un po’ domenicali, un po’ anni Cinquanta.

Gli affreschi della chiesta dell’Ospedale di Sant’Antonio, del trecento, sono pieni di spazio; quasi a riprodurre il grande vuoto del cortile in cui si trova la chiesa e su cui si affacciano altre casette per pellegrini e persone in difficoltà, un tempo credo fossero destinate ai malati. Alla chiesa si accede da una porticina laterale, percorrendo il loggiato in penombra. L’ingresso principale è chiuso da molto tempo.

Il museo Guiso con una collezione di teatrini (dormienti); l’unico teatrino contemporaneo è di Giosetta Fioroni, è senza cartellino: è una scoperta che ci stupisce, perchè ci accompagniamo in questo viaggio con un libro dal titolo “Il buon mugnaio” dedicato a Spatola e alla redazione presso il Mulino di Bazzano, un’esperienza che tanto ha a che fare con quell’Emilio Villa che si accorse negli anni ’60 della Scuola di Piazza del Popolo di cui Giosetta fece parte. Un po’ come se in questo incontro ritrovassimo anche queste esperienze che rispuntano quando meno te lo aspetti…. la rincontriamo ancora, lungo la strada del rientro, da ottobre 2022 al Camec di La Spezia.

Il processo

Il carrello appendice, con il quale trasportiamo i pannelli del padiglione museale, già protagonista di diverse vicissitudini, non è entrato nel cortile: le cerniere del pesante cancello sottraevano centimetri preziosi. Abbiamo dovuto ingombrare la strada, stretta, ripida e a senso unico, portandoli a mano all’interno di Su Probanu. I sensi unici poi hanno reso molto complicato caricare tutto alla fine della manifestazione. E’ servita una certa programmazione per fare in tempo. Il maestrale ha soffiato per giorni a 120 km orari, suonando e spazzando via il superfluo, dando forma e contenuto alle opere.
Cosa c’entra tutto questo con il processo creativo? Pura retorica dell’esperienza? L’artigianalità del processo vs la pulizia dell’idea. Monti e smonti una struttura di legno e ferro, trasportata da oltremare tra traghetti e altri improbabili percorsi, per affiancarle una rete metallica e riempirla con un foglio di carta piegato su se stesso.
Tanto più è leggera l’opera finale quanto più il museo acquisisce un peso.

Le opere

From cave to Cage…

Più che un gioco di parole, direi parole in gioco.  il paese di Orosei è segnato da una estesa rete metallica, più o meno percepibile, attorno alle sue cave di marmo, nei terreni agricoli, nelle zone demaniali (aree marine incluse) e proprietà privata. L’installazione, realizzata da Mauro Cossu, con la preziosa collaborazione dell’artista locale Alfonso Silba, si snoda in un percorso labirintico e “trasparente”, costituito da 20 metri di rete metallica ancorata al padiglione nomade, sulle cui maglie, in ordine sparso, spiccano volantini con informazioni turistiche citanti eventi sia nuovi che datati, brochures e depliants che conducono il visitatore all’interno di un micro cosmo patinato in cui non mancano le sorprese. Il vento (amplificato da una coppia di microfoni a contatto) si infrange sulla rete metallica, producendo sonorità che destano una sorta di distorsione percettiva.

“Scala gonna cava, Studio di un motivo”

Installazioni di Francesca Conchieri
Il Padiglione nomade accoglie e custodisce due modellini di tessuto e carta, scala e cava, un foglio plissettato e la pubblicazione sui ritrovamenti fossili emersi nel corso dell’attività estrattiva: il tutto, sospeso a mezz’aria in un impeto di levità. Un cartamodello euclideo, disteso sul pavimento quasi a scrutare il cielo, rammenta un’iconografia intrisa di religiosità assoluta. All’esterno, triangoli di marmo sulla panchina antistante (In sedia), consentono al visitatore di accomodarsi (stando in piedi) e riflettere.
Si entra e si esce dalle piccole stanze del padiglione come in una navicella spaziale proiettata in una realtà parallela, simile e dissimile allo stesso tempo. Dove siamo, dove ci troviamo e cos’è tutto ciò? Su Probanu, l’antico rettorato che ci ospita, come un nessuno dove nel quale perdersi o ritrovarsi.

P.s.
Chi si avvicina è quasi sempre straniero, ma evidentemente non estraneo ad azioni che lavorano in questa direzione.
La mediazione linguistica con l’iconografia locale è un’azione molto più complessa di una traduzione in lingua straniera.
Com’è possibile apprezzare Maria Lai e non capire l’arte contemporanea? Cosa viene apprezzato se la sperimentazione linguistica viene per lo più considerata “non arte”? Che distinguo viene fatto affinché ciò sia possibile?

Mauro incontra un autoctono che manca dal paese da quarant’anni e gli dice di averlo trovato uguale (il paese).
Abbiamo conosciuto colui che ha inventato i pannelli in plexiglass, con le stampa di volatili, in nero, che compongono le barriere anti-rumore di tutte le autostrade italiane.

* Il capitello rappresenta l’elemento superiore del sostegno verticale degli ordini architettonici e la sua funzione decorativa è quella di mediare tra la superficie curva del fusto della colonna e quella rettilinea dell’architrave.